domingo, 28 de setembro de 2014

Requiem

"E allora vieni avanti, disse la voce di Tadeus, ormai la casa la conosci. Chiusi la porta alle mie spalle e avanzai per il corridoio. Il corridoio era al buio, e inciampai in un mucchio di cose che caddero per terra. Mi fermai a raccogliere quel che avevo sparso sul pavimento: libri, un giocattolo di legno di quelli che si comprano nelle fiere, un gallo di Barcelos, la statuetta di un santo, un frate delle Caldas con un sesso enorme che faceva capolino fuori dalla tonaca. Inciampare è la tua specialitá, sentii che diceva la voce di Tadeus dall´altra stanza. E la tua collezionnare spazzatura, replicai io, sei senza un soldo e compri frati col cazzo di fuori, quand´è che metti la testa a posto, Tadeus ? Sentii una grande risata, poi Tadeus apparce nel vano della porta, controluce. Vieni avanti timidino, disse lui, questa è la mia casa di sempre, qui ci hai mangiato, ci hai dormito, ci hai scopato, stai facendo finta di non riconoscerla? Neanche per idea, protestai, sono venuto chiarire cosette, sei morto senza dirmi niente, sonno anni che mi ci sto rodendo, ora è venuto il momento di sapere, sono libero oggi, sto vivendo una libertá extrema, davvero, mi sono persino perduto il SuperrEgo, è scaduto come il latte, per davvero, sono libero e liberato, è per questo che sto qui."
 
in Requiem, António Tabuchi, Giangiacomo Feltrinelli, Editore Milano.

Vem aí...o Domingo!

"Perchè perchè
La domenica mi lasci sempre sola
Per andare a vedere la partita
Di pallone
Perchè perchè
Una volta non ci porti anche me."


                                        
                                     Rita Pavone

Amanhecemos funâmbulos na despedida

Amanhecemos funâmbulos na despedida
em remorso de cada vocábulo nosso conquistado
à etimologia de hélice e o verso saqueado
nos olhos, nas mãos de marinheiros em terra,
petiz pavor pela ínsula voraz revolvido 
o estrídulo fascínio pelo pesadelo ao alongar da alba
findou em nós a poesia alinhavada em revestida carga 
desse liame de aventura acometido.

Poema

Em todas as ruas te encontro
em todas as ruas te perco
conheço tão bem o teu corpo
sonhei tanto a tua figura
que é de olhos fechados que eu ando
a limitar a tua altura
e bebo a água e sorvo o ar
que te atravessou a cintura
tanto tão perto tão real
que o meu corpo se transfigura
e toca o seu próprio elemento
num corpo que já não é seu
num rio que desapareceu
onde um braço teu me procura

Em todas as ruas te encontro
em todas as ruas te perco


 Mário Cesariny, in "Pena Capital"